La funzione unitaria della monarchia
Il crescente rilievo conquistato a livello nazionale dal poeta e dallo studioso coincide con il progressivo distacco di Carducci dall'area democratico-repubblicana.
L'ode «Alla regina d'Italia», composta di getto nel novembre 1878, dopo l'incontro con i giovani sovrani Umberto I di Savoia e Margherita in visita ufficiale a Bologna (sarà edita in volume nelle «Nuove odi barbare», 1882), suscita un coro di vivaci polemiche fra i democratici che parlano subito di un clamoroso tradimento degli ideali repubblicani. La prima voce a levarsi, sulle pagine della «Rivista repubblicana» (30 novembre 1878), è quella del mazziniano Arcangelo Ghisleri (1855-1938) che accusa Carducci di essersi unito al «monito di chi plaude ai potenti» scrivendo un'ode affatto «mediocre» e che è un «atto di debolezza». Ma che non si tratti di una conversione subitanea, è dato ormai risaputo. E tutti i critici concordano nell'affermare come quell'atto di omaggio abbia radici nel passato, segnando il momento decisivo di una riflessione che portò lo scrittore, all'indomani della soluzione della questione romana, dopo il 1870, ad assumere gradualmente posizioni più tolleranti verso il governo e la casa regnante, istituti di cui egli intende comprendere le ragioni storiche.
Secondo Carducci l'unità nazionale e l'ordine sociale finalmente raggiunti sono ora esposti a diverse minacce. La più temibile è il diffondersi del pensiero socialista capace di travolgere entrambi. A sollecitare questa paura, sullo sfondo l'eco della Comune di Parigi (1871), mentre, in terra nostra, la nascita delle prime associazioni socialiste ed anarchiche, delle leghe sindacali con i primi scioperi. Proprio sull'onda di questo timore condiviso da altri esponenti della Sinistra, Carducci si avvicina, senza mai rinnegare la propria fede repubblicana, alla monarchia l'unica istituzione in grado di preservare il processo di unificazione e la concordia nazionale. «La monarchia fu ed è un gran fatto storico, e rimane per molta gente una idealità realizzata» - scrive in Eterno femminino regale del 1882, prima stampato nella «Cronaca Bizantina» di Angelo Sommaruga (1857-1941), dal 1° gennaio e poi in volume presso lo stesso editore. Prosa destinata ad essere colpita da un nuovo affondo di Ghisleri che nel «Preludio» del 17 gennaio 1882 accusava Carducci di avere rinunciato alla missione di «poeta della democrazia». Al maggio 1889 risale la composizione del Liuto e la lira, dedicata a Margherita regina d'Italia, quindi confluita nelle Terze odi barbare (1893). Molti anni appresso in una lettera del 13 settembre 1897 a Camillo Antona-Traversi avrebbe motivato così il suo "ritorno" alla monarchia (già cantata nel sesto libro di Juvenilia, prima di diventare Enotrio Romano). Se Margherita aveva avuto in questo la «parte bella ed esteriore della bontà», il vero motivo era da attribuire al fatto che
la piccola fazione repubblicana, mal d'accordo, senza più ingegno, menava a rovinare, guastava, come rovinerebbe e guasterebbe, volentieri, aiutandosi pur dei socialisti che la odiano e la disprezzano, la unità, che fu ed è l'amore, la fede, la religione della mia vita.