La storia dell'edificio

copertina di La storia dell'edificio

«Oggi ho ammirato la mia nuova casa» scriveva Giosuè Carducci il 26 aprile 1890 all’amico fraterno Giuseppe Chiarini.
La nuova abitazione, presso le Mura di porta Mazzini al n. 4, era stata scelta dal poeta-professore sia per la posizione solitaria, quasi in campagna allora, lontana dal frastuono cittadino che lo aveva alquanto infastidito, quando alloggiava in un quartiere del più nobile palazzo Rizzoli in strada Maggiore nel centro storico, sia per il suo assetto comodo e spazioso ben adatto ad accogliere una raccolta libraria che intorno al 1880, fra acquisti scambi e doni, era cresciuta a dismisura contando più di trentamila unità bibliografiche.
L’edificio, situato fra porta Mazzini e porta Santo Stefano, ha una storia antica.

Da luogo di culto a Casa Stoffer Rubini

La sua costruzione risale al primo decennio del XVI secolo quando, sul lato interno delle mura cittadine fra porta Maggiore e porta Santo Stefano furono edificati un oratorio e una chiesa per l’attività della Confraternita di Santa Maria della Pietà detta del Piombo, che si era costituita in onore di un'immagine della Pietà incisa su una lastra di piombo rinvenuta sul luogo nel 1502. Nel XVII secolo la costruzione si arricchì di una sacrestia, di una abitazione per il guardiano e di un portico successivamente ampliato.
Il 24 marzo 1712, durante la celebrazione dei Sepolcri, un terribile incendio distrusse il luogo di culto: andarono perduti l'ornato e i dipinti dell'altare maggiore della chiesa, le pitture dell'oratorio e l'organo. Si salvarono a stento il reliquiario e l'immagine in piombo della Beata Vergine. Tuttavia la chiesa e l'oratorio furono ricostruiti. Nel 1725 fu eretto un nuovo campanile a sinistra della chiesa, che si abbellì di nuove decorazioni eseguite nel 1742 e si adornò di cinque altari. Nell'altare maggiore fu collocata la superstite effigie in piombo.
Questo polo devozionale sopravvisse fino al 1798, quando, in seguito alla soppressione della Confraternita durante le espropriazioni napoleoniche, venne venduto a privati che ne avviarono la trasformazione in abitazione civile.
Nel 1801 i fratelli Gioacchino e Giuseppe Stoffer Rubini, ricchi commercianti bolognesi, acquistarono dall'Agenzia dei Beni Nazionali del Dipartimento del Reno l'intero complesso apportandovi non poche modifiche: fra queste, la sopraelevazione del fronte della chiesa per ingrandire l'appartamento posto al secondo piano e l'innalzamento delle parti soprastanti l'oratorio, conferendo così all'edificio la sua definitiva volumetria.

Dal villino Levi al villino Carducci

Ma la trasformazione dello stabile in casa per appartamenti fu realizzata appieno dopo il 1870 dai successivi proprietari mediante la chiusura del portico e la costruzione di una scala a chiocciola per dare accesso ai vari appartamenti.
Nel 1871 Marianna Levi Fontana acquistò l'intero caseggiato con il prato e gli orti circostanti detti del Piombo, accogliendo fra i suoi affittuari, nel maggio 1890, Giosuè Carducci. Se il professore e la moglie Elvira risiederanno nello spazioso quartiere al piano superiore, al piano terra hanno abitato in tempi diversi le figlie con le rispettive famiglie. Nell'appartamento a sinistra dell'ingresso, dal 1893, la secondogenita Laura (1863-1940) con il marito Giulio Gnaccarini, i figli Luisa e Valfredo; nell'appartamento a destra la primogenita Beatrice (1859-1951), qui trasferitasi nel 1898 da Livorno, dopo la morte del marito Carlo Bevilacqua, insieme ai figli Giulio, Manlio, Giosuè, Margherita ed Elvira, quindi, nel secondo dopoguerra, l'ultimogenita Libertà (1872-1964), vedova dell'ingegnere Francesco Masi.